Era come se fossi un etnografo: trattavo i newyorkesi come un esploratore avrebbe trattato uno zulu, cercando lo scatto più crudo, il grado zero della fotografia.
William Klein
Sculture, pittore, regista e fotografo, sempre all’insegna dell’anticoformismo, William Klein è nato a New York nel 1928. Di origini ebree, cercò rifugio dall’antisemitismo americano degli anni ’30 nel MoMa, del quale fu un assiduo frequentatore.
Dal 1948 si trasferisce a Parigi per studiare alla Sorbona dove studiò con André Lothe e Fernand Leger, ma già agli inizi degli anni ’50 fece ritorno a New York, dove iniziò a sperimentare anche il mezzo fotografico, e si guadagnò l’appellativo di “anti-fotografo”.
Nonostante fosse nato nella Grande Mela, i sei anni passati in europa per studiare lo resero quasi un estraneo alla società di appartenenza. Il suo punto di vista si trasformò in qualcosa di ibrido fra lo sguardo di uno straniero e quello di un autoctono: “Mi comportavo come un etnologo immaginario“, ha raccontato Klein.
Considerato una della figure più anticonformiste della fotografia americana del dopoguerra, si è sempre classificato come un sovvertitore di regole, di oggettività e di sovrastrutture. In totale contrapposizione con l’armonia fotografica di Henry Cartier Bresson, Klein ne ammirava le opere, ma non l’insieme di regole che esse fissavano.
Le sue fotografie non sono pulite ed ordinate. A predominare è il fuori fuoco, la “mal composizione”, il taglio particolare… Eppure sono dotate di una carica e di una vitalità che riuscì a sconvolgere un’intera generazione. Qualsiasi cosa fosse considerata “errore” dal mainstream fotografico del tempo, lui riuscì a trasformarlo in nuovo metodo espressivo: “Per me, fare una fotografia era fare un anti-fotografia“.
La sua vena più anticonformista si espresse soprattutto nei reportage di street photography che realizzò a New York, Tokio, Roma e Mosca. Ma a sancire l’esistenza di un suo vero e proprio linguaggio fotografico, fu l’uscita del suo volume “Life is Good and Good for You in New York” (1956). Il libro viene ancora considerato come l’opera costitutiva della street photography.
“Klein ha occhi come coltelli. E’ spietato e scandaloso ma non è mai cattivo. E’ tenero e buffo e violento e, sono sicura, profondamente innamorato di questa nostra pazza Roma”
Sophia Loren